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Pasta Grannies, il canale YouTube delle nonne che fanno la pasta in casa

Chi dice Italia dice cibo italiano.

nonna-pastaE chi dice cibo italiano dice pasta. E chi sono, in ogni famiglia, le migliori detentrici dei segreti culinari? Scommetto che nessuno avrà dubbi sulla risposta: ovviamente, le nonne.

Altro che i Sassi di Matera o la Reggia di Caserta. Sono le nostre carissime vecchine, coloro che amano rimpinzarci ad ogni piè sospinto, uno dei patrimoni dell’umanità. Quando penso alla mia compianta nonnina la prima immagine che mi viene in mente è lei in cucina. Un caso? Io non credo.

E se normalmente veniamo visti, e a volte persino presi in giro, come un popolo che pensa solo al cibo e che mentre pranza parla già di cosa mangerà a cena (assolutamente vero) è altrettanto veritiero che stranieri e turisti sono assolutamente affascinati da questo nostro essere inguaribili mangioni e votati al Dio della pasta.

 

Pasta grannies, orecchiette e agnolotti a regola d'arte

ravioli-2Difatti Vicky Benninson, signora inglese con casa nelle Marche, è arrivata a capire ciò che a noi continua a sfuggire: qualcuno dovrà pur raccogliere e tramandare ai posteri i segreti del tortello o di una tagliatella fatta a regola d’arte.

Chicche e dosaggi che, se non adeguatamente archiviati, andranno perduti, dal momento che per molti di noi il concetto  più vicino alla pasta fresca è la nuova linea Giovanni Rana nel banco frigo.

Leggi anche: Airbnb experience e le tagliatelle di nonna Nerina

Da questa consapevolezza nasce Pasta grannies, un sito web che raccoglie ricette da tutta Italia, dalla Sardegna, alla Puglia, passando per Toscana, Piemonte e Lombardia. Un universo di farina, acqua e impasti per rendere giustizia alla tradizione, nata dalla passione di Vicky per il cibo nostrano e trasformatasi in voglia di documentarne passo passo i processi di produzione.

Così troviamo Nonna Rachele che a 95 anni fa  ancora i maccheroni a descita con il sugo di seppia a Sant’Agata di Puglia, o Cesaria, 93, che da uno sperduto villaggio della Sardegna chiamato Morgongiori impasta i lorighittas, pasta simile ,nella forma, a degli orecchini. O ancora i casoncielli lombardi di nonna Giusy, o gli agnolotti piemontesi al Plin di nonna Ida, le orecchiette  con le cime di rapa della signora Rosa Laraspata o i tenerissimi Gaetana e Damiano che impastano maccheroni siciliani con la farina di fave del loro orto.

Leggi anche: Enoteca Maria, il ristorante newyorchese dove cucinano le nonne

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Un'idea replicabile

pasta-granniesRicette spiegate passo passo, dritti fino all’impiattamento finale. Insomma, Carlo Cracco e Joe Bastianich, levatevi proprio. Un’idea che, peraltro, potrebbe essere perfettamente replicabile con dolci, secondi e quant’altro, addirittura provando a guadagnarci su.

Leggi anche: Quanto guadagna uno youtuber?

A parte il suscitarmi una fame pazzesca, certi video risultano quasi commoventi per l’amore, l’attenzione ma soprattutto la maestria che queste donne mettono, alla loro veneranda età, nel preparare una pietanza a regola d’arte.

C’è proprio da dirlo: queste nonnine sembran fatte davvero...di un’altra pasta.

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

 

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Paladin, l'app che ti fa guadagnare prestando oggetti

 Ricordate la tajine comprata in Marocco?

tavola-da-surfLa tavola da surf usata per quella vacanza in California e abbandonata nel ripostiglio? O forse la tenda da campeggio di quel lontano weekend in Toscana e che ora prende polvere in cantina?

Spesso non ci rendiamo conto di quanta roba accumuliamo, oggetti inutilizzati che ingombrano ogni angolo di casa. «Un giorno potrà servirmi ancora» pensiamo, ingenuamente. E intanto gli anni passano e frullatore e macchina da cucire diventano oggetti di arredamento. 

E se invece di abbandonarli al loro destino potessimo noleggiarli o darli in prestito, incentivando così il riciclo e riducendo consumismo e inutile deterioramento?

I Paladin della sharing economy

paladin-3Paladin, la prima app italiana per il noleggio diretto di oggetti tra privati e sviluppata dalla mente dell’italiano Nico Fusco, nasce (come spesso accade) da un bisogno personale.

«Ho cambiato casa spesso nella mia vita per lavoro- spiega l'ideatore- e ogni volta mi mancava qualcosa. Ma quando la chiedi in prestito, soprattutto nelle grandi città, c’è diffidenza». 

 

Paladin rappresenta un'alternativa che consente non solo di dare una nuova vita agli oggetti poco in uso ma anche di guadagnarci su. Un’economia che ancora una volta punta su praticità e condivisione. Risultato? La piattaforma conta già 500 utenti e oltre 1700 oggetti in prestito. 

Come funziona

paladin-9È sufficiente inserire il prezzo dell’oggetto al giorno e stabilire una cauzione. A quel punto si chatta con la persona interessata e si fissa l’incontro, con data e ora in cui avviene lo scambio. Una volta terminato il prestito ci si incontra per la restituzione, che può essere sia a mano, che dal vivo, che tramite spedizione.

Lo scambio inoltre avviene in totale sicurezza, tramite carta di credito, e la cifra concordata arriverà direttamente sul conto corrente del prestatore. Grazie alla cauzione, chi noleggia sarà tutelato e non dovrà preoccuparsi di eventuali danni o smarrimenti.

Oggetti e consigli

paladin-10Il fattore positivo è che spesso chi presta un oggetto regala dritte specifiche sul suo funzionamento che non conosceresti altrimenti. Come è capitato a Fusco quando ha prenotato una penna 3D, di cui ignorava l'utilizzo.

«Ci siamo visti con il prestatore in un bar a Milano e mi ha spiegato come usare al meglio una Reflex. Se si chiede in prestito, per esempio, una macchina fotografica professionale, ci si aspetta che chi l’ha acquistata sia anche un’appassionato di arte immagine e che quindi ci possa dare suggerimenti su come sfruttarla al meglio»

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Dall'Italia all'Europa

Al momento, l'app è stata testata su Milano e Berlino, due metropoli importanti per la sharing economy. «Paladin fa incontrare due esigenze e i vantaggi sono reciproci.  Rinnova il valore sociale del prestito e della condivisione» ribadisce Fusco. La prossima apertura sarà a Barcellona, altra città spesso anticipatrice di trend.

Non solo dunque liberare spazio in casa, ma incrementare il riciclo, la condivisione e guadagnarci su.  Andate dunque subito a recuperare nel ripostiglio quella pentola per fondute acquistata a Parigi in viaggio di nozze.

irene-caltabiano

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

 

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Cinderella challenge, quando diventare principesse uccide

Cinderella challenge, perdere peso e non scarpette

dieta-cenerentolaD’accordo, tutte le bambine hanno sognato almeno una volta di essere delle principesse. Vuoi per induzione, dal momento che da piccole ci hanno inculcato quest’immaginario  a suon di frasi fatte quali “sembri una principessa”, "comportati come una principessina",  vuoi perché tutte siamo cresciute a pane e Disney e abbiamo individuato la nostra eroina preferita già da tempo.

Ma da qui ad imitarle anche nell’aspetto fisico, ce ne passa. Cenerentola, in particolare, negli ultimi mesi ha accresciuto in negativo la sua fama a causa del Cinderella Challenge, trend social per cui le adolescenti si sfidano tra loro ad avere un vitino uguale alla più smemorata delle damine Disney. La sfida parte dal Giappone: le ragazzine si impegnano in una dieta faticosa che, a volte,  può portare a pericolosi disturbi alimentari.».

Quei trend che uccidono

blue-whaleDi insulse mode social ne abbiamo sentite tante. Il problema è che, oltre ad essere stupide, sono pericolose. Dalla Blue Whale, il trend che ha spinto tanti giovani al suicidio in diretta, alla neknomination, nei quali i ragazzi si incoraggiavano a ingurgitare quantità di alcolici spropositate nel giro di qualche minuto, i social sono diventati il tripudio del nonsense. Un nonsense che, tuttavia, uccide.

Probabilmente fa tutto parte del meccanismo perverso che Facebook & co hanno messo in moto. I ragazzi, pur di avere visibilità, mettono in pericolo la propria vita. Uno studio condotto dall’Office for National Statistics pone in evidenza, nonostante il grande uso che i giovani fanno di internet, come tra loro solo poco meno di un terzo pensi chei social influiscano positivamente sulla società.

 

Chi spreca il proprio tempo tra bacheche e post risulta  più infelice rispetto a quelli che, ad esempio, fanno sport all’aria aperta, escono spesso con gli amici, praticano servizi di volontariato o religiosi, leggono, disegnano.

Quanto c'entra la tecnologia?

cinderella-challengeMa sono davvero le nuove tecnologie le responsabili di questa infelicità che porta alla depressione, all’autolesionismo e, nei casi più gravi, al suicidio? Il problema è che i social aumentano la pressione competitiva, quella smania di essere sempre al massimo, i più belli, i più intelligenti, i più bravi a scuola. Una competizione senza fine in cui si farebbe qualsiasi cosa per primeggiare .

Se accetti la sfida, che sia buttarsi una bacinella di ghiaccio addosso o diventare magra come uno scheletro, l'importante è diventare membro del club esclusivo. Nonostante i nomi evocativi quali appunto Cinderella Challenge le conclusioni sono molto poco fiabesche. Si è vero, molte degenerazioni odierne sono dovute all’uso spropositato della tecnologia.  Ma, se è vero che in medio stat virtus, è altrettanto comprovato che gli adolescenti più felici non sono quelli che hanno eliminato la tecnologia del tutto, ma riescono a sfruttarla in maniera moderata.

Qual è la soluzione? Magari creare un organo ad hoc che riesca a controllare adeguatamente queso tipo di fenomeni e dunque, arrestarli in tempo. Oppure, in ogni caso brand, marketer e comunicatori devono assumersi la responsabilità rispetto al messaggi che diffondono.

 irene-caltabiano

di Irene Caltabiano

 

 

 

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