Grattacieli mozzafiato che si stagliano su un mare cristallino
È questa la prima immagine che Google, il motore di ricerca più famoso al mondo, ci restituisce, digitando Dubai. Lo stato, facente parte degli Emirati Arabi Uniti, attira sempre più italiani, grazie al fascino proprio di un luogo sufficientemente esotico, se visto con gli occhi di un occidentale, ma che vanta un alone glamour non indifferente. Un dato su tutti: il reddito pro-capite è il più alto dei paesi arabi.
Eppure, come ogni paradiso, anche Dubai ha i suoi serpenti, e sono rappresentati dalle difficoltà e dalle insidie a cui deve far fronte chi decide di trasferirsi qui. Perché il lusso è un sogno di molti, ma resta un obiettivo ambizioso, impegnativo e costoso. Anche nel senso letterale del termine.
Dubai in breve
Come per gli altri stati appartenenti agli Emirati Arabi Uniti, petrolio e gas sono ingredienti essenziali del successo dell’economia. Va comunque detto che è stato intrapreso un processo di diversificazione di tale portata ed efficacia, che oggi metà del prodotto interno lordo deriva da altri settori. Tra questi, il petrolchimico e la raffinazione, le telecomunicazioni l’aviazione e il turismo.
Ribattezzata la Las Vegas araba, cresce ogni anno del 4%, rappresentando un imprescindibile polo attrattivo in qualità di centro di riferimento per lo “sbarco” delle aziende occidentali sul mercato orientale. Così, negli ultimi anni i visti rilasciati sono cresciuti vertiginosamente: solo in Italia, in base ai dati diffusi dal nostro consolato a Dubai, nei primi otto mesi del 2013 si è assistito a un vero e proprio boom (+131%).
Qual è l’atteggiamento di Dubai verso gli stranieri?
Nello stato arabo questi vengono considerati in duplice chiave. Sono ben pagati (per essere assunti è necessario vantare un curriculum “pesante”, in termini di competenze ed esperienze), e anche al momento in cui vanno via ricevono congrui riconoscimenti e vengono ringraziati per il contributo dato allo sviluppo locale. Tuttavia, il “patto” siglato implicitamente al momento dell’arrivo non prevede una permanenza definitiva: nella maggior parte dei casi, al contrario, il soggiorno in loco è determinato dalla partecipazione a progetti di breve durata.
Cittadinanza e proprietà restano quindi, in un certo senso, off limits per gli stranieri.
Un Paese generoso anche con gli stagisti
I neolaureati che trovano un’occupazione a Dubai ottengono condizioni indubbiamente migliori rispetto a quelle dei loro colleghi italiani. Infatti, godono di benefit quali affitto e voli pagati e riescono a far carriera molto più rapidamente. Nello stato, inoltre, sono particolarmente richiesti i middle-manager, soprattutto in ambito finanziario (manca infatti una classe locale ad hoc), e i profili professionali legati ai nuovi media. In calo le quotazioni degli italiani nel settore della ristorazione, a seguito della gran quantità di forza lavoro proveniente da India e Pakistan.
Le condizioni in cui opera chi vuole intraprendere un’attività in proprio sono, invece, particolarmente rigide, basti pensare che, nella maggior parte dei casi, è necessario avere un socio locale che detenga il controllo di almeno metà dell’azienda.
Mi manda lo sponsor
Difficilmente chi arriva a Dubai senza aver prima stabilito dei contatti in loco, o senza aver già trovato un’occupazione riesce a rimanere. In tal senso è fondamentale la figura dello sponsor, una sorta di garante che gestisce gli aspetti amministrativi connessi all’ingresso nel Paese. Detta funzione, che si rivela particolarmente impegnativa in quanto implica l’assunzione di responsabilità rispetto al comportamento assunto dallo straniero, può essere assolta da un privato cittadino, da un’impresa o da un’istituzione. Solitamente a farsene carico è il datore di lavoro o, nel caso dei turisti, l’albergo in cui si pernotta.